Toxoplasmosi | Cause, Sintomi, Conseguenze
In questo articolo parliamo della Toxoplasmosi, delle sue Cause e dei suoi Sintomi. Contagio e ruolo dei Gatti. E' una Malattia Grave? Conseguenze per Madre e Bambino. Esami per la Diagnosi, Toxo Test e Consigli su Cure e Prevenzione della Toxoplasmosi
Cos'è?
La toxoplasmosi è un'infezione causata da un protozoo (microrganismo unicellulare): il Toxoplasma gondii.
Questo parassita intracellulare obbligato compie una parte del suo ciclo vitale nell'intestino del gatto, che rappresenta l'ospite definitivo in cui può realizzare tutto il proprio ciclo biologico, prima di infettare altri animali a sangue caldo, uomo compreso.
Il gatto può infettarsi quando si nutre di piccoli roditori e uccelli o ingerendo carne cruda contaminata. Dopo l'infezione, il felino elimina con le feci gli elementi parassitari prodotti durante la fase intestinale (oocisti) per circa 10-15 giorni. In questo breve periodo, la quantità di oocisti che viene emessa nell'ambiente circostante può raggiungere l'impressionante quota di 100 milioni.
Quando le oocisti sono eliminate con le feci non sono infettanti, ma vanno incontro alla sporulazione, cioè devono maturare per alcuni giorni (in media 2-3, a 24°C); il processo è condizionato, infatti, dalle condizioni climatiche (temperatura, umidità e disponibilità di ossigeno).
Le oocisti sono resistenti all'azione dei più comuni disinfettanti e possono rimanere vitali nell'ambiente per oltre un anno (fino a 18 mesi).
È una malattia Grave?
Quali sono i possibili decorsi della toxoplasmosi?
La toxoplasmosi può manifestarsi in forma acuta o cronica, sintomatica o asintomatica.
I quadri clinici più o meno gravi della malattia dipendono dallo stato delle difese immunitarie dell'individuo e alla virulenza del Toxoplasma gondii.
Nei soggetti sani immunocompetenti, l'infezione acuta passa quasi sempre inosservata e non comporta conseguenze. Solamente nel 10-20% dei casi, la toxoplasmosi si manifesta con un aumento di volume bilaterale dei linfonodi cervicali (meno spesso ascellari o inguinali) e sintomi di tipo simil-influenzale con febbre, cefalea, dolori muscolari, malessere e mal di gola. Possono verificarsi anche linfocitosi atipica, eruzioni cutanee e epatosplenomegalia. Il quadro quasi sempre si risolve spontaneamente nell'arco di pochi mesi.
Rischi per Pazienti Immunocompromessi
Decisamente diverso è il decorso della toxoplasmosi nei pazienti immunodepressi, nei quali l'infezione (primaria o riattivata) si sviluppa generalmente in forma grave.
La toxoplasmosi primaria o la riattivazione del T. gondii presente in forma latente nell'organismo possono dare luogo a manifestazioni a carico del sistema nervoso centrale, dei polmoni, del cuore e dell'occhio.
Possono comparire cefalea, febbre, convulsioni, deficit neurologici focali (es. perdita motoria o di sensibilità, paralisi dei nervi cranici e anomalie visive), emorragie cerebrali ed encefalopatia generalizzata.
In alcuni casi l'infezione evolve nella forma acuta disseminata, con grave interessamento di più organi (miocardite, pericardite, epatite, polmonite ecc.) ed esito spesso letale.
Rischi in Gravidanza
La toxoplasmosi congenita rappresenta una possibile complicanza dell'infezione contratta in gravidanza.
Nella gestante, l'infezione è spesso asintomatica o, al massimo, provoca linfoadenopatia, astenia e cefalea, senza febbre. Il pericolo maggiore è la trasmissione del parassita per via verticale al feto.
Rischi per le donne incinte
La toxoplasmosi rappresenta un problema rilevante solo se viene contratta per la prima volta durante la gravidanza. In tal caso:
- il Toxoplasma gondii può raggiungere, attraverso la placenta, il feto e provocare danni a carico del sistema nervoso e degli occhi del bambino.
- in alcuni casi, l'infezione determina parto pretermine o morte intrauterina.
Al contrario, se la futura mamma è già entrata in contatto con il Toxoplasma gondii prima della gravidanza:
- non risulterà suscettibile (poiché le persone che contraggono la malattia risultano generalmente immuni per il resto della vita)
- non vi sono rischi per il feto derivanti da infezioni successive.
In Italia, si stima che il 30-40% delle donne in età fertile siano già protette nei confronti della toxoplasmosi.
Quali Rischi per il Feto?
La gravità dell'infezione fetale dipende dall'epoca della gestazione in cui avviene il contagio materno.
Il rischio di conseguenze gravi per il feto è maggiore se la toxoplasmosi viene acquisita nel primo trimestre di gravidanza.
La probabilità di trasmissione della toxoplasmosi al feto varia in funzione del periodo gestazionale in cui la madre ha contratto l'infezione: il rischio è basso all'inizio della gravidanza e aumenta con il progredire del tempo.
Al contrario, la gravità dei danni riportati dal figlio è tanto maggiore, quanto prima si verifica la trasmissione materno-fetale.
Nei casi di infezione contratta entro il sesto mese di gestazione può verificarsi un aborto spontaneo, un parto prematuro oppure il feto alla nascita può presentare corioretinite, idrocefalo (o microcefalia) e calcificazioni intracraniche. A questi segni di carattere neurologico possono associarsi eruzioni cutanee, atrofia del nervo ottico, nistagmo, ittero, miocardite e polmonite.
Importanza dei Test pre-concepimento
Prima della gravidanza, è importante quindi eseguire un esame del sangue per valutare la presenza degli anticorpi specifici per la toxoplasmosi (Toxo test) e conoscere il proprio stato immunitario nei confronti del parassita.
Se la ricerca degli anticorpi anti-Toxoplasma fornisce un esito negativo (quindi la gestante non risulta protetta nei confronti della toxoplasmosi), è importante seguire alcune precauzioni igieniche per ridurre il rischio di infezione e sottoporsi periodicamente al Toxo test.
La diagnosi precoce e il trattamento con antibiotici della futura mamma possono comunque prevenire o ridurre i danni fetali.
Contagio
In quali modi si può contrarre la toxoplasmosi?
L'uomo può contrarre la toxoplasmosi con diverse modalità.
L'infezione è acquisita soprattutto per via oro-fecale, in seguito all'ingestione di oocisti mature di Toxoplasma gondii presenti nel terreno, nell'acqua o sugli ortaggi contaminati da feci di gatti infetti.
La manipolazione della lettiera destinata alla raccolta delle feci del felino domestico o le normali attività di giardinaggio possono esporre al rischio di contrarre l'infezione.
La contaminazione dell'acqua è un problema rilevante soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e riflette l'influenza di scadenti condizioni igieniche.
Le fonti di contagio più comuni sono le carni crude o poco cotte di un altro ospite intermedio (es. agnello e cacciagione). Prosciutto crudo, salame o altri insaccati di maiale (soprattutto quelli di produzione artigianale) sono più frequentemente contaminati rispetto al manzo.
Anche il latte di alcuni mammiferi (bovino e suino) può veicolare il parassita. Questa modalità di infezione, però, è meno frequente, in quanto i parassiti vengono rapidamente distrutti a 50°C e non resistono alla pastorizzazione.
Rappresentano un'eccezione la trasmissione attraverso gli artropodi (come mosche, scarafaggi e lombrichi che possono veicolare le oocisti del Toxoplasma gondii dalle feci) e tramite trasfusione di sangue (o emoderivati) e trapianto d'organo. La toxoplasmosi, inoltre, può essere trasmessa per via transplacentare dalla gestante al feto.
Curiosità
Il Toxoplasma gondii e l'inclinazione suicida del topo
Nel corso dell'evoluzione, molti parassiti hanno sviluppato strategie sofisticate per migliorare le proprie probabilità di sopravvivere.
Un caso interessante è quello del protozoo responsabile della toxoplasmosi: il Toxoplasma gondii. Questo parassita, infatti, è in grado di rendere i roditori delle facili prede per il gatto, che rappresenta l'ospite definitivo dell'agente patogeno.
A differenza dei topi sani - che evitano le aree frequentate dai gatti (riconosciute grazie all'odore delle urine del loro predatore) - i roditori infettati si comportano come se ne fossero attratti. Nel corso dell'infezione da Toxoplasma gondii, infatti, si verificano delle alterazioni a livello cerebrale che modificano il comportamento naturale dei topi.
Il Toxoplasma gondii aumenta così la probabilità di completare il proprio ciclo biologico nell'ospite definitivo.
Diagnosi
Come viene diagnosticata la toxoplasmosi?
La diagnosi di toxoplasmosi è basata prevalentemente sulla ricerca e sulla quantificazione di anticorpi specifici (IgM e IgG) mediante immunofluorescenza indiretta (IFA) o dosaggio immunoenzimatico (EIA).
- Le IgM anti-toxoplasma compaiono nel corso delle prime 2 settimane di malattia acuta, con un picco tra la quarta e l'ottava settimana, prima di diventare indeterminabili (solo in certi casi, si possono riscontrare fino al 18° mese dall'infezione).
- Le IgG specifiche, invece, si formano più lentamente, raggiungono il picco in 1-2 mesi e possono rimanere alte e stabili per mesi o anni.
Per quanto detto, in un soggetto sano, l'infezione pregressa produce un Toxo test negativo per le IgM e una positività delle IgG.
La presenza del Toxoplasma gondii può essere dimostrata mediante esami istologici, coltura e PCR per il DNA del parassita su campioni di tessuto e fluidi organici (sangue, LCR e liquido amniotico). Oltre a questi esami, possono contribuire a confermare il sospetto diagnostico di toxoplasmosi alcune indagini strumentali mirate, come tomografia computerizzata, risonanza magnetica, ecografia e oftalmoscopia.
Toxo test
Che cos'è e come si interpreta il risultato?
Il Toxo test è un esame finalizzato a scoprire lo stato di immunizzazione nei confronti della toxoplasmosi che, se contratta in corso di gravidanza o nelle settimane che precedono il concepimento, espone al rischio di aborto, parto pretermine o danni visivi e cerebrali a carico del feto.
Come abbiamo visto, il toxo test si esegue con un prelievo di sangue per ricercare e quantificare gli anticorpi IgG e IgM contro il parassita mediante EIA (dosaggio immunoenzimatico). Il riscontro delle immunoglobuline specifiche consentirà di avere una possibile diagnosi di malattia.
Come leggere il risultato
In genere, il Toxo test viene consigliato all'inizio della gravidanza (o nella fase preconcezionale).
In base ai risultati, la donna può risultare immune all'infezione, suscettibile (priva di anticorpi anti-Toxoplasma) o a rischio di trasmetterla al feto (se la toxoplasmosi è stata contratta proprio durante la gravidanza).
- IgG assenti, IgM assenti: indicano che la donna è priva di anticorpi anti-Toxoplasma, quindi non ha mai contratto l'infezione. Ciò significa che dovrebbe osservare scrupolosamente le norme igieniche finalizzate a prevenire l'infezione (non accarezzare animali selvatici o randagi, evitare la carne cruda e i salumi non cotti, lavare bene frutta e verdura ecc.) e deve ripetere il Toxo test ogni 30-40 giorni, fino al parto.
- IgG assenti, IgM presenti: indicano che la donna non aveva mai contratto la toxoplasmosi in passato, ma nel momento dell'esame l'infezione acuta è in fase iniziale.
- IgG presenti, IgM presenti: sta ad indicare un'infezione ancora in atto o recente (avvenuta fino a 3-4 mesi prima).
- IgM assenti, IgG presenti: significa che la donna ha già contratto la toxoplasmosi in passato, ma non ha un'infezione in corso. Pertanto, può stare tranquilla per tutti i nove mesi e non è necessario che ripeta il test, in quanto non ci sono rischi per il feto.
Nei casi dubbi, occorre accertare la diagnosi quantificando l'avidità delle IgG (IgG a bassa avidità: infezione in atto o avvenuta nei tre mesi precedenti; IgG ad alta avidità: probabile riattivazione di una infezione pregressa e latente) e impostare una terapia antibiotica.
È possibile, infatti, tentare di bloccare il passaggio transplacentare del parassita al bambino con un trattamento antibiotico a base di spiramicina o combinazioni di primetamina e sulfadiazina. Il bimbo con toxoplasmosi congenita, anche se apparentemente sano, dovrà essere monitorato almeno per il primo anno di vita, al fine di scongiurare possibili danni che possono insorgere nel tempo. Deve essere comunque ricordato che, nella donna in gravidanza, l'infezione non implica necessariamente il contagio del feto.
Come si accerta la trasmissione dell'infezione al feto?
In caso di toxoplasmosi materna probabile ed accertata dal Toxo test, per sapere se effettivamente il Toxoplasma gondii ha oltrepassato la barriera placentare ed infettato il bambino è indicata l'esecuzione di un'amniocentesi (non prima della 15a settimana di gravidanza).
Il campione di liquido amniotico prelevato durante l'indagine e sottoposto a PCR (reazione a catena della polimerasi) permette di confermare l'eventuale presenza del DNA del parassita, quindi diagnosticare il contagio fetale.
Dal monitoraggio ecografico, invece, possono risultare chiari i segni di danno fetale (calcificazioni intracraniche, idrocefalo, epatomegalia, ritardo di accrescimento intrauterino).
Dopo la nascita, il sospetto di toxoplasmosi congenita è confermato essenzialmente da indagini sierologiche e dalla presenza di segni di malattia, i quali possono comparire anche a distanza di anni, soprattutto in assenza di terapia
Trattamento
Nei soggetti immunocompetenti, in genere, non è necessario alcun trattamento specifico per la toxoplasmosi. La malattia si risolve quasi sempre spontaneamente nell'arco di pochi mesi; all'occorrenza è possibile adottare delle terapie sintomatiche.
Negli individui immunodepressi e nelle forme congenite, invece, è indicato il trattamento con un'associazione di pirimetamina e sulfadiazina, abbinata ad acido folinico (cioè 5-metil-tetraidrofolato: acido folico convertito in tetraidrofolato e addizionato di un gruppo metile) per contenere i rischi di danni da antagonismo con i folati (tra cui la mielosoppressione). Ai pazienti con toxoplasmosi oculare, inoltre, devono essere somministrati dei corticosteroidi.
Trattamento in Gravidanza
Per quanto riguarda la donna gravida con infezione primaria, il trattamento antibiotico può ridurre il rischio di danni fetali.
Sono prescritti, in particolare, la spiramicina se la toxoplasmosi è stata contratta durante il primo trimestre (ben tollerata e priva di tossicità per il feto, in quanto non attraversa la placenta) o la combinazione di sulfadiazina, pirimetamina e acido folinico. Quest'ultimo schema terapeutico è teoricamente più efficace nel caso in cui il feto sia stato già infettato, ma risulta più tossico (la pirimetamina non deve essere usata durante primo trimestre, in quanto è teratogena).
Tale trattamento va dunque condotto sotto stretto controllo del medico e richiede un costante monitoraggio dell'emocromo.